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Dopo un ventennio di strali contro le “toghe rosse” e la “magistratura politicizzata”, oltre che un’infinità di processi, prescritti e non, è arrivato per Silvio Berlusconi il micidiale colpo che non si aspettava: una condanna definitiva emessa dai giudici della Corte di Cassazione. Il processo Mediaset, istruito nei confronti dell’ex premier con l’ipotesi di reato di frode fiscale, si è concluso con la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato.

La condanna ammonta a 4 anni di reclusione, mentre per la pena accessoria dell’interdizione dei pubblici ufficioccorrerà aspettare il ricalcolo da parte della Corte d’Appello.

Se la pena di per sé non sarà poi così dura – 3 anni vengono eliminati con l’indulto e l’anno restante può essere scontato con i servizi sociali – sono le conseguenze politiche della condanna a far tremare il Paese. La fragile alleanza tra PD e PdL sulla quale si regge il governo Letta potrebbe quasi certamente spezzarsi una volta che il capo del Popolo della Libertà fosse costretto alle dimissioni da Senatore e al ritiro dalla vita pubblica.

Quali sono state le reazioni tra i ranghi del centro-destra? I sentimenti più diffusi sono quelli della rabbia e dell’indignazione, soprattutto tra i “falchi”, la parte del partito più intransigente nella fedeltà a Berlusconi. Il quale il 4 agosto si è mostrato a Roma in una manifestazione in piazza Plebiscito, proclamando la sua innocenza e gridando “Io non mollo!”. Un invito a tutti i suoi elettori e compagni di partito a non abbandonarsi allo scoraggiamento, ma a proseguire la lotta con tutti i mezzi politici e giudiziari a loro disposizione, tra i quali si paventa una richiesta di grazia al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani.

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