La legge 40, norma che nell’ordinamento civile italiano disciplina la procreazione medicalmente assistita, ha ricevuto una nuova bocciatura dall’Europa, e precisamente dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
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Mentre l’Europa si interroga per trovare soluzioni possibili alla crisi che da troppo tempo sta attanagliando, in misura diversa, tanti Stati membri, la Croazia diventa il 28esimo Stato a farne parte. Un percorso lungo e difficoltoso quello che ha contrassegnato la storia croata, in particolar modo quando 22 anni fa si separò dalla Jugoslavia. Era il 1995 quando finì la guerra contro la Serbia. Nel 2004 fu la Slovenia la prima delle Repubbliche dell’ex Jugoslavia ad entrare ufficialmente nell’Unione Europea e nel 2005 la Croazia avviò i negoziati di adesione con Bruxelles. L’anno scorso il 66% dei cittadini croati si é dichiarato favorevole all’entrata della Croazia nell’Unione.
Eppure sembra che il risultato di appena un anno fa non rispecchi fedelmente il sentimento attuale dei croati, preoccupati dall’entrata nell’EU per via della difficile situazione economica che stanno attraversando. Da una parte infatti l’adesione all’Europa unita rappresenta un definitivo superamento di quello che fu un passato sanguinoso e sofferto, dall’altra però implica anche il sottostare a determinati meccanismi, in materia sopratutto finanziaria, che non pochi problemi stanno creando ad altri Paesi europei.
La Croazia vive da cinque anni un periodo di recessione e si caratterizza per alti indici di debito pubblico. La disoccupazione, specialmente quella giovanile, é molto alta e occupa il terzo posto in Europa. Al primo troviamo la Grecia con il 59%, al secondo la Spagna con il 55% e la Croazia con il 51%. Anche le previsioni per il futuro non sono rosee e per il 2014 si stima un ripresa di appena lo 0,2%. Sempre nel 2014 il debito pubblico potrebbe arrivare a sfondare il 60%, abbondantemente oltre quelle che sono le soglie massime fissate dall’UE. Una situazione, quella croata, particolarmente delicata (qui un’analisi dettagliata).
nuovo piano per le telecomunicazioni: un mercato unico europeo per portare l’Europa fuori dalla crisi e creare nuovi posti di lavoro. Da luglio 2014 ricevere chiamate in Europa costerà come in Italia e da luglio 2016 non ci saranno più sovrapprezzi di roaming per le chiamate in uscita. Neelie Kroes, commissario Ue, ha firmato questo pacchetto di norme con l’idea che in Europa è assolutamente necessaria una rivoluzione nel settore delle telecomunicazioni, sia nel campo della telefonia che in quello di internet.
L’idea di fondo è di ridurre le differenze di regole nei 28 Paesi dell’Unione Europea in fatto di comunicazioni elettroniche. Differenze che secondo la Commissione europea stanno indebolendo il mercato, gli operatori e l’economia. I big della telefonia non sono però d’accordo, si lamentano del fatto che se questo piano entrasse in vigore, le perdite sarebbero assai considerevoli, pari a sei miliardi di euro. Kroes crede invece che l’eliminazione delle frontiere tariffarie tra i Paesi sarà un modo per stimolare l’economia – sia la circolazione di merci che di persone.
I piani
Da questo progetto ci si aspetta la nascita di una licenza unica europea con cui gli operatori potranno offrire servizi su tutti i 28 Paesi dell’unione Europea. Stabilire regole comuni e uniformi sarà un’impresa ardua perché comporterà l’aumento del potere della Commissione e l’indebolimento delle aziende delle Tlc nazionali.
Il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, sostiene l’idea di un mercato unico europeo delle telecomunicazioni considerandolo fondamentale per gli interessi strategici dell’Europa e il suo progresso economico. Molte sono ancora le polemiche. Il testo dovrà essere approvato prima in Parlamento e in Consiglio europeo prima di diventare legge in tutti i 28 Paesi dell’Unione Europea.